Vi siete mai sentiti sovraccaricati, alterati o avviliti dopo aver trascorso qualche minuto sui vari social network, in particolar modo su Facebook?
A me è capitato e a dir la verità credo che accada sempre più spesso. Ciò mi ha portato a riflettere sul mio utilizzo quotidiano dei vari social e, il mio peregrinare tra pensieri e riflessioni vari, complice anche una passeggiata alla libreria Feltrinelli per approfittare dell’ aria condizionata (siamo in pieno agosto) mi ha portato ad acquistare l’ultimo libro di Jaron Lanier “Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social”.
Jaron Lanier è un informatico, giornalista e saggista statunitense, pioniere della realtà virtuale, che vive e lavora nella Silicon Valley principalmente come sviluppatore per la Microsoft.
Premetto che la mia intenzione non è quella di recensire il suo libro, che in alcuni casi potrebbe risultare un po’ troppo estremista e di parte (Linkedin, uno dei social network più in voga oggi, di proprietà della Microsoft, risulterebbe infatti estraneo alle critiche che l’autore pone agguerritamente ad altri social network).
Per Lanier, forse gli algoritmi non ci capiranno fino in fondo, ma i numeri si, specialmente se parliamo di grandi numeri.
“Se a parecchie persone piace lo stesso cibo che piace a te, probabilmente queste persone saranno anche più propense a disprezzare altri cibi che a te non piacciono”.
Gli algoritmi riescono a capire se siamo tristi, spaventati, felici, sicuri, soddisfatti e, a loro volta, gli inserzionisti (coloro che si occupano di creare, promuovere e gestire le inserzioni a pagamento di una pagina) sanno cogliere il momento giusto, ovvero quello in cui siamo meglio predisposti, per influenzarci attraverso annunci che hanno funzionato con persone dalle caratteristiche simile alle nostre e con cui condividiamo certe circostanze.
Sebbene i super algoritmi, sempre più efficaci nel guidare se non manipolare i nostri comportamenti, popolino, com’è giusto che sia buona parte del libro, nelle prossime righe vorrei riportare quello che più mi ha colpito leggere, ovvero di alcuni meccanismi psicologici che sottostanno all’utilizzo dei social network e le loro conseguenze per noi ignari utilizzatori.
Tutti coloro che utilizzano i social media ricevono stimoli personalizzati, costantemente ricalibrati, senza interruzioni, purché siano in possesso di uno smartphone. Questo in netto contrasto con la pubblicità in tv o sui giornali che non monitora costantemente i nostri comportamenti e non può conoscere esattamente quante persone visualizzando la pubblicità in questione, effettivamente poi acquistavano un prodotto o usufruiscono di un servizio pubblicizzato.
Tramite i social media invece è addirittura possibile effettuare una “modificazione del comportamento”, uno dei concetti fondamentali del comportamentismo, che comprende strategie in grado di cambiare i modelli comportamentali di animali e uomini.
Questa modifica può essere impiegata per fini benefici come trattare e aiutare le dipendenze, ma ahimè anche per crearle.
Il danno più grande subito dalla società deriva proprio dal fatto che la dipendenza, portando alla perdita del contatto con la realtà , degenera in follia e, secondo l’autore “quando un gran numero di persone è dipendente da schemi manipolativi, il mondo diventa un posto cupo e malato”.
La modificazione del comportamento, nella società moderna, implementata da gadget quali gli smartphone, è un “effetto statistico”, reale ma non perfettamente attendibile.
Come avviene?
L’uso di simboli per esempio è uno strumento immancabile. Pensate al celebre gioco “Candy Crash” che, per creare dipendenza tra le altre cose utilizza disegni coloratissimi di caramelle invece che caramelle vere; così come altri videogiochi ricorrono a immagini luccicanti di monete o tesori.
Gli schemi cerebrali del piacere assuefacente e della ricompensa, la famosa “piccola dose di dopamina” di cui parla Sean Parker, tra i primi collaboratori di Mark Zuckerberg e ora “obiettore di coscienza dei social media”, sono l’origine della dipendenza dai social media, così come la punizione e il rinforzo negativo (anche questi strumenti preziosi del comportamentismo, in particolar modo del condizionamento operante di Skinner). Quando utilizzammo i social network, riceviamo l’equivalente dei premi e delle scosse elettriche, tutti e due insieme.
Quando si ottiene una ricompensa (che si tratti di un apprezzamento sociale o un dolcetto), ogni volta che si compie una specifica azione, allora si tenderà a replicarla più spesso. Questa, che può risultare una cosa abbastanza innocente, può rivelarsi in realtà il primo stadio dello sviluppo di una dipendenza problematica.
Tuttavia non è tanto il fatto che i feedback positivi o negativi funzionino, ma che siano i feedback casuali e imprevedibili a essere più ingaggianti di feedback deliberati. Talvolta accade che il cervello, naturalmente programmato per cercare degli schemi, non si voglia arrendere e continui a cercare nella speranza che emerga uno schema più profondo (pensate alle slot machine).
I social network chiamano in causa anche un altro livello di stimoli: la pressione sociale.
Gli individui sono profondamente sensibili a status sociale, giudizio e competizione, le preoccupazioni sociali non sono di certo un optional per il cervello umano. Sui social network, la manipolazione delle emozioni sociali è il modo più semplice per generare ricompense e punizioni. Appunto, quando abbiamo paura di non essere sufficientemente belli, interessanti, altolocati, non siamo felici e abbiamo paura. Sono le emozioni negative come la paura e la rabbia che scavano più fondo e si sedimentano più a lungo dentro di noi rispetto a quelle positive. Tutti soffriamo di ansia sociale di tanto in tanto. Ovviamente non tutte le emozioni sociali sono negative, allora viene da chiedersi quale delle due sia più efficace per cambiare il comportamento delle persone.
“Tra le numerose ricerche accademiche che confrontano feedback positivi e negativi, indipendentemente dal fatto che il feedback positivo possa in teoria essere più efficace in alcuni casi, è invece il feedback negativo che fa guadagnare, rappresentando per questo la scelta migliore per il business”.
Le reti digitali offrono sicuramente un valore, più efficienza e comodità, tuttavia è proprio la dipendenza da efficienza e comodità a spingerci spesso ad accettare di essere spiati e manipolati. Quale può essere dunque una soluzione? Come difendersi dalle distorsioni che compromettono il rapporto con la verità e degradano la nostra capacità di provare empatia, disconnettendoci dagli altri esseri umani pur essendo più connessi che mai?
Le soluzioni proposte da Lanier sono apprezzabili, una sorta di rivoluzione dal basso: il cittadino che prende coscienza, si cancella dai social network e inizia a seguire nel web soltanto i siti che gli interessano e che lo appassionano e che hanno una vera utilità per lui, magari segnalati da persone con le quali c’è stata una reale interazione.
Per approfondimenti:
- Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social, Janier Lanier, 2018.
- Articolo del Business Insider: Billionaire ex-Facebook president Sean Parker unloads on Mark Zuckerberg and admits he helped build a monster (2017)
- Jaron Lanier interview on how social media ruins your life https://www.youtube.com/watch?v=kc_Jq42Og7Q