Il Nudge, una spinta gentile che aiuta a vivere meglio

Oggi vi propongo un articolo pubblicato sul blog del dottorato in Business and Behavioural Sciences e scritto dalla mia collega Serena Iacobucci, su uno dei temi più attuali e affascinanti della behavioral economics, ovvero il nudging.

Che cos’è il nudging?

Partendo da un’analisi etimologica, “to nudge”, in inglese, è un verbo che sta a indicare il dare una piccola, leggera e gentile spinta. La celeberrima immagine, e probabilmente la più dolce e rappresentativa che ci aiuta a riassumere questo concetto, è quella dell’animale adulto che dà una piccola spinta al suo cucciolo per aiutarlo a superare un ostacolo o a buttarsi in un’esperienza che lo spaventa.

mamma ippopotamo spinge il piccolo in acqua

Il nudge nasce proprio così, con l’intento di far leva sui bias cognitivi (ovvero gli errori sistematici in cui il nostro cervello incorre in continuazione) per influenzare, indurre e persuadere gli individui a modificare il proprio comportamento.
Il termine persuasione però, nell’uso comune, assume spesso una connotazione negativa, anche a causa dell’associazione spontanea con il termine “manipolazione”.
Ne è l’emblema uno storico caso di persuasione a fini commerciali e manipolatori, quello del “Plop, Plop, Fizz, Fizz” di Alka Seltzer. I vertici dell’azienda, già nei lontani anni ’70, ben prima della nascita dell’economia comportamentale, si rivolsero ad uno psicologo per aumentare le vendite delle proprie compresse effervescenti. L’idea fu semplice e geniale allo stesso tempo e potete vederla in questo breve spot commerciale:

Plop, Plop, Fizz, Fizz

Associando lo slogan “Plop, Plop, Fizz, Fizz” al prodotto, e invitando quindi meccanicamente ad utilizzare due compresse contemporaneamente, chi avrebbe più utilizzato una compressa per volta?  Le vendite delle compresse, che raddoppiarono in breve tempo, diedero ragione allo psicologo. Si sarebbe ottenuto lo stesso risultato indicando nella posologia la doppia compressa come dose consigliata? Probabilmente no.

Tante altre discipline, come il marketing, la comunicazione pubblicitaria o quella politica, sfruttano i bias,  l’innata irrazionalità, i difetti, l’ingenuità e la scarsa o limitata attenzione dell’essere umano per scopi di lucro.

Il nudging, al contrario, si propone di ribaltare questo paradigma e di utilizzare l’architettura delle scelte in maniera etica, positiva e a beneficio della società. Questo concetto nasce dall’unione di due termini apparentemente ossimorici: libertarismo e paternalismo. Mentre il primo sottolinea il diritto alla totale libertà di decisione dell’individuo, il secondo termine allude a una società che vincola gli individui a regoli e schemi decisionali imposti e predefiniti (si pensi al codice stradale). Con il termine paternalismo libertario, invece, i padri del nudging, Thaler  e Sustein, creano un compromesso tra questi due poli opposti: una leggera spinta verso un comportamento più corretto, sano e che va a beneficio dell’individuo e della società può essere considerato come lesivo della nostra libertà individuale? Una leggera modifica dell’architettura della scelta, infatti, non è equiparabile a una limitazione della libertà: il soggetto ha a disposizione le stesse alternative, non ci sono divieti né privazioni imposti dall’alto, bensì solo piccoli pungoli che stimolano a prendere una decisione più auspicabile, altrimenti ignorata a causa dei naturali limiti della razionalità umana.

Sono tanti gli esempi in cui le tecniche di nudging hanno effettivamente portato a dei risultati positivi e soddisfacenti. Un simpatico e noto esempio è sicuramente quello della mosca negli orinatoi pubblici maschili nell’aeroporto di Amsterdam-Schiphol (clicca qui per leggere l’articolo). Facendo leva sull’istinto innato di “fare centro”, la mosca ha aiutato lo staff dell’aeroporto a ridurre notevolmente (dell’80%) i comportamenti poco igienici e indesiderati da parte degli utilizzatori.

orinatoio Amsterdam

Questo esempio, seppur divertente e rappresentativo, non pone abbastanza enfasi sull’effetto positivo che l’applicazione del nudging può avere a livello sociale e per l’intera comunità. Sono molte le storie di successo nate grazie alla spinta gentile: dalle frecce verdi che ci indicano i cibi sani nei supermercati e ci spingono ad acquistare più frutta e verdura (link all’articolo del NYTimes), alle orme di piedi dipinte a terra per i marciapiedi di Copenaghen che ci conducono ai cestini della spazzatura, riducendo la quantità di cartacce buttate a terra, fino ai gradini musicali che disincentivano l’uso delle scale mobili e invitano i cittadini a muoversi di più.

scale a pianoforte

Ma qual è il grande segreto del nudging? E perché funziona? 

Nel suo libro Pensieri lenti e veloci, Daniel Kahneman ci insegna che esistono due sistemi: il sistema 1, automatico, veloce e involontario, ed il sistema 2, più razionale e riflessivo. Il primo ci permette, ad esempio, di riconoscere ed evitare una situazione di pericolo di fronte a un cane dall’espressione minacciosa mentre il secondo ci permette di risolvere un calcolo matematico complesso.

Com’è intuibile, il secondo sistema, sebbene più razionale, richiede molti più sforzi cognitivi ai quali l’essere umano non è istintivamente portato. Basti pensare al nostro esempio di Alka Seltzer: il sistema 1 collega immediatamente il prodotto alla canzoncina, facendoci versare due compresse di medicinale nel bicchiere. Quanto sforzo cognitivo in più avrebbe richiesto aprire il foglietto illustrativo e attivare il sistema 2?

Questo concetto è riassunto magistralmente da Sille Krukow (esperta di Nudging nonché fondatrice e direttrice di un’agenzia di consulenza che si avvale proprio di tecniche avanzate di Behavioral Design). In questo discorso per TedX Copenaghen, Krukow ci racconta come sia importante tenere sempre in considerazione che l’essere umano è un animale che vive nel presente e che è pertanto necessario fare leva sulle nostre risposte cognitive automatiche e non su quelle razionali e ragionate, per poter azionare meccanismi positivi a livello individuale che si ripercuotano positivamente sulla società.

Sille Krukow at TEDxCopenhagen

Fare leva sul sistema 1, sulla mindlessness e sull’automatismo può aiutarci a incentivare i comportamenti desiderati più di quanto non possa farlo un divieto, una multa, o un imperativo a non fare qualcosa.

Dobbiamo convivere con i nostri bias, l’economia comportamentale ci insegna che non siamo individui razionali e l’architettura delle nostre scelte è tutt’altro che lineare. Ma perché non sfruttare questi piccoli difetti cognitivi a nostro favore e renderli funzionali al nostro benessere e a quello della società?

Per saperne di più, ecco un paio di suggerimenti bibliografici sull’argomento:
Thaler, R. & Sustein, C. (2009). Nudge: La spinta gentile. Milano: Giacomo Feltrinelli Editore. Kahneman D. (2012), Thinking Fast and Slow, Londra: Penguin Books, Londra; trad. it. di L. Serra, Pensieri lenti e veloci, Milano: Oscar Mondadori.